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RAGIONAMENTO 103

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|L'aes grave del Museo Kircheriano.djvu{{padleft:119|3|0]]za e grandezza, per la più lunga durata delle sue officine. E se in poche grotte della necropoli d’ Orte si ebbero oltre a quaranta monete romane, a ragione almeno la serie romana potrà donarsi a quella città.

Neppure rispetto all’altre serie converrà prendersi alcuna cura di quelle note nazionali che qui non veggonsi, e che sarebbon pure tanto necessarie a dimostrare il diritto etrusco sopra di loro. Le undici serie, date da noi per etrusche, hanno, egli è vero, il peso, la maniera delle impronte, le lettere nazionali non poco diverse dalle latine, il costume di segnare il semisse con un ), o con sei globetti, mentre le serie della prima classe non adoperano mai se non la S latina; hanno queste ed altre particolarità, che sono la più evidente testimonianza della divisione tra popolo e popolo. Ma di tutto ciò non giova ora il prendersi pensiero, come neppure della via per cui l’arte della moneta s’introdusse e si propagò per l’Etruria. Cortona e le sue colonie dicevamo altrove, aver ricopiato il magistero dagl’iguvini, per quanto può rilevarsi dalle relazioni che hanno tra loro le monete de’ due paesi. Ma tengasi pure il nostro detto per una chimera; e quind’innanzi s’insegni, che l’Etruria subapennina o mediterranea ebbe quest’arte dall’ Etruria maritima; che le città tutte etrusche furono ad un medesimo tempo provedute di questa nuova foggia di commercio, che fu il puro caso, se non il capriccio delle città subapennine, che alzò quel quasi muro di divisione, in cui s’imbatte l’occhio d’ognuno il qual guardi le monete ordinate da noi nella prima classe in confronto di quelle della classe terza.

Se non che a cotali regole di critica attengasi altri a cui piacciano: noi continueremo a rimanerci, se non nella certezza, almeno in un gravissimo dubbio, che le città etrusche più a noi vicine non abbiano avuta mai moneta propria. Il congetturarne le cagioni sarà uno de’ nostri soliti ardimenti. Primieramente diciamo che l’Etruria maritima non poteva essere costretta da niuna legge a ricopiare il nuovo artifizio cistiberino. Si reggevano gli etruschi a proprio talento: potevano fare, e non fare senz’esser obligati a render conto de’ fatti proprj a chichesia. Non tutti i ritrovamenti della moderna industria europea ed americana si propagano in un tempo medesimo da città a città, da popolo a popolo; ne v’ha chi abbia ragione di muover querela contra di noi, perchè non ci aiutiamo col vapore a navigare per il nostro Tevere. Se qualcuno volesse maravigliarsi d’una cotale indifferenza in una nazione tutta data a’ traffici e alla navigazione com’era l’etrusca, noi pregheremmo costui che allargasse le sue meraviglie a’ campani, a’ lucani, a’ siculi e a tante altre genti, che quantunque vedessero l’aes grave signatum in mano a’ cistiberini, pur tuttavia non si curarono di averlo del proprio.

Una seconda ragione potè essere l’orgoglio nazionale, che anche al presente è autore di somiglianti dispregi. I trastiberini per potenza, per ricchezze, per ingegno, per arti, egli è ben verisimile che si tenessero per molto di più de’ cistiberini. Inventata l’arte e venuta in onore al di qua del fiume,

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