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40 | PARTE SECONDA CL. I. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|L'aes grave del Museo Kircheriano.djvu{{padleft:56|3|0]]Leggesi in queste tavole l’intera storia dell’arte della moneta di bronzo in Roma dalla prima sua origine fin quasi verso la fine della republica. La tavola III. A. ci dimostra quale essa fu dal primo nascere sino al tempo in che cominciò a perdere del suo peso. La parte sinistra della tavola III. B. ci dà a vedere una delle sue prime diminuzioni. Coincide questa col tempo in cui Roma segnò il decusse della tavola I., i tripondj e il dupondio della tavola II. e cominciò ad usare il conio anch’essa, per effigiar la moneta con maggiore prontezza e facilità. La fusione in questo tempo forniva le quattro monete maggiori: le due minori si stampavano col conio, e posson vedersi cotesti sestanti ed oncie coniate nella parte sinistra della tavola III. C. La parte destra della III. B. rappresenta una seconda diminuzione, nella quale pure operano di concerto la fusione ed il conio; ma in tal guisa, che la fusione costantemente crea l’asse e il semisse, come il conio segna costantemente il quadrante, il sestante e l’oncia: il triente viene contemporaneamente da amendue le arti, come vedesi ne’ trienti d’amendue le tavole. Finalmente la parte destra della tavola III. C. contiene tre altre diminuzioni diverse, alle quali la moneta in diversi tempi fu richiamata, dopo che la fusione avea perduto sopra di essa ogni diritto. Rimane per tal modo palese e certa la ragione, per cui mancano i sestanti e le oncie fuse alla prima diminuzione; e alla seconda, oltre i sestanti e le oncie, anche i quadranti. Vedesi quivi perchè sia piutosto raro il triente fuso della seconda diminuzione, e perché i trienti, i quadranti, i sestanti e le oncie coniate che so- no nella parte sinistra della tavola III. C. non abbiano le loro parti maggiori operate col conio.
Alla questione del peso non daremo noi mai quella importanza che non ha: ma neppure ometteremo di render ragione di que’ fatti principali che valgono a chiarire una qualche oscurità. I ventidue assi della prima epoca che qui abbiamo per le mani, s’avvicinano alle undici oncie senza mai toccarle, e non discendono al di sotto delle nove. Quelli tra le undici e le dieci non sono che sei; gli altri sedici stanno tutti tra le nove e le dieci. In questa serie che tanto abbonda di assi, non vogliamo tener conto del peso de’ semissi e delle altre parti minori, perchè il meno o il più del metallo che in queste monete minori non è difficile rincontrare, ne condurrebbe a conseguenze troppo incerte, quando da esse volessimo argomentare qual fosse il vero peso dell’asse. L’errore o l’alterazione di peso nel semisse, quando si rifonda sopra l’asse, si raddoppia; tripla diviene nel triente, quadrupla nel quadrante, incalcolabile affatto nell’oncia. Se questa differenza di quasi due oncie, che trovasi negli assi più pesanti di Roma, debba prendersi per argomento di diminuzione di peso, altri lo giudichi: l’opinion nostra sarebbe contraria a questo giudizio, perchè abbiamo in mano troppo certe prove della grande insufficienza o trascuranza de’ fonditori in quella prima età.