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l’edera 105

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— Che dormire ho fatto! - disse Ballore. — Mi sveglio appena adesso. Bevi.

Uscirono, andarono in chiesa. La festa era molto misera. I paesani, quasi tutti contadini, che festeggiavano Sant’Isidoro agricoltore come i ricchi pastori del paese di Paulu, in inverno, festeggiavano Sant’Antonio dal porchetto, avevano fatto una scarsa raccolta. Ballore, anzi, cominciò a lamentarsi:

— Quest’inverno qualcuno morrà di fame, in questo paese: la miseria è profonda. Mussiù Giuanne[1] farà festa. Ah, i tempi sono cambiati. Paulu mio! Ora tutti, chi più chi meno, stentiamo a vivere, mentre quando io ero fanciullo, ricordo, tutti vivevamo agiatamente. Che gente ricca esisteva allora! Vedi, il Rettore e la sorella, avevano i denari a sacchi, proprio a sacchi.

— Perciò, — ricordò Paulu, — furono derubati, non è vero?

— Altro! Fu una famosa grassazione: quaranta individui armati e mascherati, — e si dice ve ne fossero parecchi del tuo paese, eh, Paulè, non offenderti! — assaltarono la casa del Rettore, denudarono il povero prete e la sorella, li legarono assieme, li gettarono sopra un letto, fecero man bassa di tutto... Si dice portassero via più di diecimila scudi.

  1. La fame.
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