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l’edera 109

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|L'edera (romanzo).djvu{{padleft:111|3|0]]gnarlo solo ad Annesa: e proseguì il viaggio, spingendosi avanti il fanciullo taciturno, fermandosi con tutti i viandanti che incontrava per raccontar loro la sua storia. E non pensava che dentro la borsetta della sua cintura egli portava il seme d’un dramma ben più terribile del suo.



Paulu, nonostante le rimostranze già fattegli da don Peu, smontò ancora dalla vedova del brigadiere. Nessun progetto lo guidava, ma dopo aver scritto e consegnato il biglietto per Annesa egli s’era sentito ancor più triste, più inquieto: il proposito di non ritornare senza i denari gli dava una specie di ossessione.

— Ho ancora cinque giorni di tempo, — pensava. — Dovessi girare come quel disgraziato Santus, ma non tornerò a casa a mani vuote. Oramai è per me una questione d’onore.

Dove andare, però? Ricordò gli usurai di Nuoro, e fra gli altri una donna che anni prima gli aveva prestato mille lire al trecento per cento.

— Che differenza esiste fra un’usuraia simile e una vedova che non gode ottima fama? — si domandò.

Ma quando scese davanti alla botteguccia di Zana e vide la donna accorrere alla porta e sorri-

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