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122 l’edera

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Il cieco, per tutta risposta, si fece il segno della croce.

— In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, — esclamò donna Rachele, segnandosi anche lei. — Dio è onnipotente e può tutto: sia sempre lodato il suo santo nome.

E battè la mano sulla spalla di Niculinu, quasi per significargli che anche lei fino a quel momento era stata come cieca, mentre ora cominciava a scorgere un lontano barlume di speranza. Ah, sì: ella ricominciava a sperare nella bontà umana, e questa speranza era la cagione della sua gioja: avrebbe voluto avvicinarsi al lettuccio del vecchio asmatico e dire:

— Zua Decherchi, ti ringrazio, non perchè ci serbi la casa e l’ultimo pezzo di terra, ma perchè ti dimostri buono mentre noi tutti ti credevamo così cattivo.

Ma don Simone la guardava ed ella capiva che doveva tenere il segreto.

E lo tenne, ma durante il pomeriggio ella prodigò mille attenzioni al vecchio asmatico: egli ne indovinò la causa, e s’irritò maggiormente; e la sua irritazione inasprì quella di Annesa.

La giornata diventava sempre più cupa e triste; il tuono rumoreggiava in lontananza, dietro la montagna livida e nera. Qualche cosa di angoscioso e di tragico gravava nell’aria.

Finito il pranzo, i poveri se n’andarono, tutto rientrò nell’ordine e nel silenzio melanconico di prima. Solo, di tanto in tanto, zio Zua gemeva, e

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