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204 | l’edera |
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VIII.
Zio Castigu ritornò solo verso il tramonto: Annesa s’accorse che egli era serio e turbato.
— Lo hanno preso? — domandò.
— Si è costituito. Ha fatto male!
Ella diventò livida in viso, ma si animò febbrilmente.
— Perchè male? Credete forse ch’egli sia colpevole? Anche voi, lo credete? Ebbene, vedremo, allora, quando i medici faranno la perizia e il morto parlerà... Vedremo se il vecchio è stato bastonato... vedremo cosa dirà...
— Annesa, tu vaneggi; fammi sentire il polso: tu hai la febbre. Tu non hai toccato cibo; perchè?
Egli le strinse i polsi e la guardò fisso: anch’ella lo fissava, coi grandi occhi beffardi e tristi, chiari di debolezza e d’angoscia; a un tratto liberò le sue mani dalle mani del pastore, gliele mise sul petto, lo respinse, e cominciò a gridare:
— Anche voi li credete colpevoli? Voi, voi, miserabile, voi che avete mangiato il loro pane, che avete dormito nella loro casa? Chi più crederà dunque alla loro innocenza?