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l’edera 209

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|L'edera (romanzo).djvu{{padleft:211|3|0]]fare quello che non vuoi. Hai pure una coscienza, Annesa: che ti consiglia?

— Ebbene, non devo dirlo a voi! — ella rispose, sollevandosi con fierezza. — Fate pure venire il prete...



Il loro incontro avvenne la mattina dopo, all’alba, nel portico che precede la chiesetta.

Era quasi buio ancora; la luna calava sull’orizzonte d’un azzurro cinereo, solcato da nuvole scure. Ad oriente distinguevasi il mare, bianco e vaporoso: sarebbe parso un crepuscolo serale se qua e là, nel bosco silenzioso, la rugiada non avesse rese lucide e umide le foglie.

Prete Virdis era venuto su a piedi, ed era anche caduto e s’era fatto male ad una mano. Pazienza: egli era abituato a questi piccoli incidenti. Se camminava a piedi, specialmente di notte, cadeva in malo modo; se montava a cavallo, il cavallo scivolava, o qualche ruvida fronda d’elce graffiava il viso del prete, o gli portava via la parrucca. I maligni, i miscredenti, dicevano che queste piccole disgrazie accadevano a prete Virdis dopo che egli aveva pranzato o cenato: fatto sta, però, che quella volta egli non aveva nè pranzato nè cenato, eppure, nonostante il chiaror della luna

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