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l’edera | 229 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|L'edera (romanzo).djvu{{padleft:231|3|0]]selvaggia, che si disegnò nera sul quadrato cenerognolo e stellato del finestrino: ma dal modo con cui zio Castigu disse: «Annesa, sai?...» ella sentì che il vecchio pastore le avrebbe rivelato, come il fantasma d’un mondo occulto, il segreto del suo avvenire.
— Zio Castigu?
— Domani... domani... saranno rimessi in libertà... L’avvocato ha detto a prete Virdis che dalla perizia medica è risultato che il vecchio è morto soffocato dal suo male... E che nessuno l’ha percosso, che nessuno, tranne il Signore, l’ha fatto morire...
Ella cadde in ginocchio, nelle tenebre: ma una luce ardente, simile allo splendore del sole, le rischiarava l’anima.
— Il Signore ha perdonato: il Signore ha veduto il mio cuore, ha misurato il mio errore e il mio dolore; ha veduto che questo era più grande... era più grande del mio errore...
Zio Castigu sentiva, nel silenzio, i denti di lei battere forte.
— Anna, che fai, ora? Vieni fuori con me? Prete Virdis ti consiglia di non muoverti finchè essi non saranno rimessi in libertà. Hai sentito?
— Ho sentito.
— Ma che fai, ora?
— Prego.
— Ora puoi stare tranquilla, — egli disse, ingenuamente. — Puoi venire di là, nell’ovile.
— No, sto qui: voglio pregare.