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l’edera 237

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— È tardi, è tardi, — egli osservò con voce triste; ma ella finse di non udirlo e proseguì:

— Sua sorella Paula un giorno si lamentava con me: diceva: mio fratello non pensa mai a lui; perciò la nostra casa sembra una tana, e la gente lo calunnia e dice che egli è avaro e che nasconde i suoi denari. Invece egli pensa sempre agli altri: è il padre dei malfattori, dei cattivi figliuoli, degli sventati, dei disperati...

Prete Virdis andava su e giù, sbuffava, agitava il fazzoletto.

— Paula è una pettegola: ecco che cosa è; una chiacchierona.

— Io voglio andar via, prete Virdis: non voglio più tornare in quella casa. Ah, mi ajuti lei! Stasera ho avuto il coraggio di non entrare, , benchè la tentazione mi spingesse. Ma domani, prete Virdis, domani?... Che accadrà di me domani? Io voglio andarmene. Andrò a Nuoro. Mi raccomandi a sua nipote: andrò serva, lavorerò, vivrò onestamente.

— Paulu verrà a cercarti: tu ricadrai egualmente.

— No, no, — esclamò Annesa, intrecciando le mani e scuotendole con gesto supplichevole. — Non lo dica neppure! Lei, prete Virdis, lei parlerà con Paulu: gli dirà tutto, se occorre...

— Io? Le mie labbra si disseccheranno prima di rivelare il tuo segreto. Spetta a te.

— Io?... — disse a sua volta Annesa. — Io...

Picchiarono al portone. Ella s’interruppe e sbiancò gli occhi: nonostante ciò che era accaduto,

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