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244 l’edera

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|L'edera (romanzo).djvu{{padleft:246|3|0]]ere arrivata da oltre un’ora. Finalmente un vecchio alto e curvo, miseramente vestito, attraversò il piazzale e battè al portoncino sotto il balcone.

— Venite su! Era tempo! — disse prete Virdis, ritirandosi.

Accese il lume, cercò la parrucca, che stava ad asciugare sopra una sedia, e se la rimise ancora umida di sudore; poi chiuse il balcone e aprì l’uscio. Zio Sogos saliva la scaletta e sospirava.

— Siamo vecchi, prete Virdis, siamo vecchi: si cammina piano, ora.

Entrò. Alto, curvo, col viso rugoso e ispido di peli grigi, il vetturale sembrava un mendicante.

— Ebbene, avete veduto mia nipote?

— L’ho veduta, le ho portato la lettera. Ecco qui la risposta.

— Sedetevi lì un momento. Aspettate — disse prete Virdis, mentre apriva la lettera, senza accorgersi che la busta era stata già aperta.

— Va bene, va bene, — disse poi, ripiegando il foglietto e lasciando la busta sul tavolo. — E ora, sentite, voi dovete farmi un favore.

Il vecchio, seduto sulla cassapanca davanti al tavolo, fissava i piccoli occhi umidi e tristi sulla busta e allungava lentamente la mano.

— Comandi, prete Virdis. Lei mi ha tante volte ajutato. Sempre le ho detto: prete Virdis mi comandi; sono il suo servitore.

— Bisogna che domani, no, posdomani, voi conduciate a Nuoro, nella vostra carrozza, una persona che non vuol esser veduta partire da Barunei.

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