< Pagina:L'edera (romanzo).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

l’edera 253

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|L'edera (romanzo).djvu{{padleft:255|3|0]]ventisette: vada al diavolo. Quando lei sarà vecchia io sarò ancora giovane.

— Ma giusto: è quello che dico io! Perchè ti inquieti tanto, dunque? Guardati un’altra donna; non perder tempo, giglio mio. Ci sarebbe Ballora, la nipote di Anna Decherchi, che ti converrebbe: ha qualche cosetta, anche...

Ma Gantine battè le mani, e disse con un grido di rabbia:

— State zitta! Perchè mi parlate di queste cose? Io non penso a ciò, ora!

— Non gridare; senti! Mi pare che scendano.

— Chi?

— Micheli e don Paulu.

— Don Paulu è qui! — egli disse, abbassando la voce. — Bisogna allora che me ne vada!

Si alzò, stette in ascolto. Dietro l’uscio Annesa, ascoltava cercando invano di reprimere la sua ansia.

— Io vado, — disse Gantine, dopo un momento, con voce mutata. — Zia Paula, buona notte. Non so se domani potrò ritornare. Se vedete Annesa, come certamente la vedrete, ditele così da parte mia: «Annesa, fai male a trattarmi così: fai male, perchè se c’è una persona che ti vuole veramente bene sono io. Annesa, mandami a dire qualche cosa: farò quello che tu vorrai». Poi le direte così: «Anche se è vero quello che la gente dice che tu hai fatto morire il vecchio, a me non importa. Io l’avrei fatto morire un anno prima d’oggi: l’avrei strangolato, l’avrei buttato sul fuoco!».

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.