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l’edera 271

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|L'edera (romanzo).djvu{{padleft:273|3|0]]fedele, in casa, di una donna affezionata e disinteressata. Abbiamo avuto una serva che ci rubava tutto: Paulu non è buono a niente: Rosa è invalida. Che accadrà di loro, se io morrò?

Annesa credette che donna Rachele volesse proporle di tornare da lei, e sebbene decisa di rifiutare si sentì battere il cuore. Ma la vecchia non proseguì.

Qualche tempo dopo Annesa seppe che Paulu era ammalato di tifo: poi un giorno, verso la fine di autunno, se lo vide comparire davanti come un fantasma. Egli era diventato davvero il fantasma di sè stesso: vecchio, magro, coi capelli bianchi, gli occhi infossati e i denti sporgenti. Durante tutti quegli anni egli aveva sempre continuato a vivere di ozio, di imbrogli, di vizi: il tifo, poi, gli aveva un po’ ottenebrato la mente, lasciandogli una strana manìa: egli credeva di essere stato complice di Annesa, nell’uccisione del vecchio, e ne provava rimorso. Ella si spaventò, nel vederlo. Egli le raccontò i suoi mali.

— Tutte le notti sogno il vecchio: qualche volta egli mi sembra il nonno Simone, il quale mi impone di venirti a trovare e di costringerti a sposarmi. Che facciamo, Annesa? Non hai rimorsi, tu? Non sogni il vecchio?

Ella non era mai stata troppo tormentata dai rimorsi: s’era pentita, credeva d’essersi castigata abbastanza con l’abbandonare l’amante e la famiglia dei suoi benefattori, ma dopo i primi tempi non aveva più sognato o veduto il vecchio.

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