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46 | l’edera |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|L'edera (romanzo).djvu{{padleft:48|3|0]]bolezze e di molti errori umani, chinava la enorme testa sull’omero del vecchio e non protestava.
Intanto Annesa s’era fidanzata con Gantine, dopo aver chiesto il consentimento dei suoi benefattori. Ella aveva passato i trent’anni: che aspettava più? Gantine era povero ma buon lavoratore. Si sarebbero sposati appena i Decherchi avrebbero dato al giovine un po’ del denaro che gli dovevano: ma il tempo passava, e il denaro non si vedeva.
Il giovane fidanzato era allegro, buono e sereno come don Simone. Chiamava Annesa con due nomignoli: Pili brunda quando ella si mostrava tenera e allegra, cosa molto rara; e mudore[1] quando ella taceva, triste e cupa, per intere giornate.
— Figlio di Sant’Antonio — diceva zio Cosimu Damianu, tu sai il proverbio sardo: ribu mudu tiradore[2].
In quel tempo Annesa cominciò a non credere più in Dio perchè la famiglia dei suoi benefattori cadeva sempre più in rovina. Era mai possibile l’esistenza di un Dio così cattivo? I Decherchi non avevano fatto altro in vita loro che temerlo, adorarlo e seguirne i precetti, ed Egli li ricompensava mandando loro ogni peggiore sventura.
Ma d’un tratto il Signore parve muoversi a pietà della famiglia così a lungo e duramente provata. Zio Zua, un vecchio parente avaro, ch’era