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l’edera 53

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|L'edera (romanzo).djvu{{padleft:55|3|0]]vano le rose di macchia; le foglie degli alberi scintillavano.

A un tratto il bosco s’aprl, e fra le due quercie dalle chiome riunite apparve, come nello sfondo di un arco grandioso, la piramide lontana di monte Gonare, azzurra sul cielo luminoso.

A destra del bosco sorgeva la cima rocciosa, sulla quale, nella sua tomba di pietra che il musco copriva d’un drappo di velluto verde, riposava il gigante. La salita era difficile: bisognava saltare di roccia in roccia.

Paulu precedeva, Annesa seguiva; più che altro ella desiderava vedere in lontananza il villaggio. Ad un tratto ella si trovò su alcune pietre che oscillavano: le parve di perdere l’equilibrio e diede un grido. Paulu si volse, tornò indietro, la guardò e le porse la mano.

Salirono più su, sedettero sulla sporgenza del masso, sotto la roccia del gigante: ai loro piedi il bosco precipitava come una grandiosa cascata verde, giù, giù, fino alla costa sul cui giallore le case del villaggio apparivano grigie e nerastre simili ad un mucchio di brage spente. Valli e montagne, valli e montagne si seguivano fino all’orizzonte: tutto era verde, giallo e celeste.

Gli avoltoi in amore stridevano e s’inseguivano, tra il sole ed il vento, nell’aria serena.

Annesa e Paulu non scambiarono una parola; egli era ridiventato triste, ma i suoi occhi ardenti, più che guardare il panorama, fissavano gli avoltoi in amore. Improvvisamente si alzò e Annesa lo

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