Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
l’edera | 63 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|L'edera (romanzo).djvu{{padleft:65|3|0]]Mi racconterai poi la storia del Signore morto. La sai ancora?
— Sissignore.
— Meno male: tu non sarai un’ebrea. Va, va.
E riprese a camminare, sbuffando. Paulu lo seguì, ma prima scambiò con Annesa uno sguardo rapido e ardente che la riempì di gioja.
— Anghelos santos! — ella disse piano, con ironia, ripetendo l’intercalare favorito del Virdis. E la piccola Rosa, che amava poco il grosso prete, si mise a ridere, col suo risolino triste di vecchietta.
Annessa ascoltò la messa pensando a Paulu, e ricordandone lo sguardo appassionato. Ella provava sempre un senso di ebbrezza quando il vedovo le dava quei rapidi segni d’amore; le pareva che uno sguardo scambiato così, di giorno, tra la gente che li separava come non avrebbe potuto separarli una muraglia di macigni, valesse più che tutti i loro abbracci notturni.
E le parole pungenti di prete Virdis le sembravano simili a un lontano rumore di vento: uno sguardo di Paulu la ricompensava di ogni affronto e di ogni umiliazione.
Dopo la messa egli l’attese sotto le quercie e prese Rosa per mano.
— Andiamo da quel venditore di torrone — disse a voce alta, poi aggiunse, piano: — Prete Virdis è arrabbiato con te perchè non hai fatto la comunione. Ti ho scusata con lui, dicendogli che avevi molto da fare. Egli non è cattivo; tut-