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l’edera | 69 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|L'edera (romanzo).djvu{{padleft:71|3|0]]carne bollita, fumante, e un coltello a serramanico: e ogni tanto strappava un boccone coi denti, e se qualche tendine resisteva lo tagliava col coltello, senza toglier la carne di bocca, e masticava con avidità, mentre i suoi occhi d’un cupo turchino, luminosi e freddi, esprimevano una voluttà ferina.
— Sì, ricordo, — disse Annesa: — l’anno scorso passai di qui mentre pranzavate, e sembravate tanti lupi. Ognuno di voi teneva sulle ginocchia un tagliere colmo di carne, e mentre ne mangiava una fetta adocchiava già l’altra. Pareva che non aveste mai veduto grazia di Dio!
— È festa: bisogna mangiare! — disse ziu Castigu, senza offendersi. — Mangiamo noi e diamo da mangiare agli altri. Ecco!
Un altro pastore, giovine e bello, col corsetto rosso slacciato e adorno di nastri azzurri, s’avanzò sorridendo, e offrì ad Annesa un tagliere colmo di carne fumante[1].
— Bellina, — disse galantemente il giovine, questo è per te.
— Santu Basile meu! — esclamò la donna, sollevando le mani e ritraendosi spaventata. — Tutta quella roba lì? Che ne faccio io di tutta quella carne?
— La mangi! — disse l’altro con voce grave.
Ella capì che non accettando avrebbe offeso il giovine, e disse cortesemente:
- ↑ Questi taglieri, di legno, han forma di vassoi, con un manico solo; in un angolo v’è un’incavatura per il sale.