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l'ombra del passato 103

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— Solo?

— Ho veduto anche Belluss, che mi ha dato un pugno di castagne. Ha detto, anche, di strofinarti il ginocchio con l’olio caldo. Devo farlo io?

— Oh, no, è inutile. Tutto è inutile! — ella disse con tristezza. — Ma dove l’hai veduto. Belluss? Al palazzo Dargenti?

— Ma che dici, zia? — egli gridò, ridendo.

E s’aggirò per la camera, guardando i vasi sul camino e passando il dito sulla stoffa delle sedie: desiderava che la zia lo interrogasse sulla scuola, il maestro, i compagni; ma ella pareva ignorasse ch’egli andava a scuola e avesse un maestro e dei compagni. Ella pensava ai suoi dolori reumatici: tutto il resto le era indifferente. Le novità del palazzo Dargenti dovevano essere ben straordinarie se riuscivano ad interessarla fugacemente.

— Forse Sison sa qualche cosa, — disse Adone, ricordandosi. — Jusfin deve avergli detto qualche cosa.

E corse ad informarsi. Mentre passava nell’atrio disse a Carissima!

— Sai, al palazzo Dargenti viene a stare una signora di Parma, vecchia, vecchia.

— Ora, che comincia il freddo? — esclamò la sarta, senza smettere di cucire a macchina.

— Sì, sì, proprio ora! C’è Candido che pulisce il palazzo.

— Allora sta attento, quando arriva la signora, — disse Carissima, abbassando la voce. — Porteremo là le uova.

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