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146 | l'ombra del passato |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|L'ombra del passato.djvu{{padleft:150|3|0]]ragazzetti convenivano al caseificio, portando il latte delle loro vacche: alcuni spingevano la secchia su una piccola carriuola, destando l’invidia dei compagni e specialmente di Adone, il cui sogno era di avere almeno una di queste carriuole: ma no, neppure questo conforto poteva avere!
Con l’andar del tempo, egli strinse amicizia coi casari e specialmente con Pino, il figlio maggiore del casèr, e prese gusto ad assistere alla confezione del bel parmigiano dorato.
Il casèr, grande e biondastro, con un bel viso grassotto e un pizzo grigio e giallognolo sul mento rotondo, agitava lentamente il latte dondolando l’enorme caldaia a forma d’imbuto, sospesa sul forno scavato nel pavimento. Pino, il bel giovinotto roseo dai denti bianchi, con una semplice maglia nera che delineava le ondulazioni del petto e il solco del dorso, stringeva nelle forme di legno il cacio giallognolo, o sbatteva il burro o gettava fascine sul fuoco. Egli cantava sempre: sapeva persino delle canzoni francesi, una delle quali egli la cantava così:
Allons, allons, enfanti de la patrì;
Il giorno de la glori è arrivè.
Teneva quasi sempre un gran cappellaccio a sgembo sui capelli ricciuti: era allegro e sereno come un giovine iddio, e Adone sentiva per lui un’ammirazione profonda.
Il locale ove si confezionava il formaggio era vasto, affumicato, rischiarato, verso sera, dal chia-