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16 | l'ombra del passato |
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— Altro!
— C’è un paese anche sotto quel fiume? — domandò Adone. — Io guardo sempre, qui, ma non vedo mai nulla.
E si curvava sulla sponda della barca, tanto che lo zio La Pioppa lo sgridò, tirandolo per i calzoncini.
— Ti dò uno scapaccione, sgambirlo!
Adone lo guardò e gli rise in faccia.
L’omone lo baciò, lo attirò a sè: e lo zio Carlino, che la domenica andava sempre a visitare i musei, ammirò quel gruppo veramente artistico, quel monumentale lavoratore dalle scarpe e il vestito color bronzo e quel fanciulletto scalzo dagli occhioni socchiusi e la bocca maliziosa sembravano la forza e l’astuzia.
La barca scendeva verso Brescello: e il buon funzionario, dopo aver ammirato l’uomo e il fanciullo, ammirò ancora una volta il grande paesaggio fluviale che a lui pareva il più bello del mondo. Questa sua convinzione era forse un po’ esagerata: certo, però, il Po quella mattina era bellissimo, sempre più largo, d’un azzurro latteo iridescente. Verso le rive l’acqua rifletteva i boschi capovolti; sopra le muraglie di sabbia delle isole, i pioppi tremolavano come alberi d’argento, e i canti degli usignoli e i richiami insistenti dei cuculi parevano uscir dall’acqua, da boschi sepolti nel fiume.
Tranne questi gridi non si udiva altro rumore. Solo qualche volta, alle domande di Adone, ri-