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198 | l'ombra del passato |
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— Ma dimmi almeno cosa hai scritto.
— E non gridare?! Sai che la nonna non sa niente. Lei dice sempre: se domandate la carità a qualcuno vi caccio via come galline. Sì, così, via, via! — ella aggiunse, agitando il suo gonnellino.
— E allora perchè vai là? — egli domandò pensieroso.
— Perchè la mia mamma dice che anche la nonna Barberina è tanto povera...
Egli non domandò altro. Accompagnò Caterina, curioso e più turbato di lei.
Il sole al tramonto mandava il suo splendore arancione fin dentro il viottolo: un merlo cantava sugli alberi dorati del parco. Caterina diceva:
— Ho vergogna! Ma voglio entrare lo stesso. Chi viene ad aprire? La serva?
— Va là! La serva! Ah, la serva! — egli gridò, e cominciò a ridere nervosamente.
Poi Caterina disse:
— Chissà comi mi darà la marchesa! Chissà! Chissà!
— Chissà! — egli ripetè, sempre più pensieroso.
E diceva a sè stesso che se fosse stato nei panni della marchesa avrebbe accolto con entusiasmo la povera Caterina, e le avrebbe dato una borsa piena di monete. «Ecco, mia carina: — le avrebbe detto, — va, ritorna a casa, di’ alla Suppèi che hai trovato questa borsa nella strada. La tua mamma, poi, io la farò condurre in quel paese caldo anche d’inverno, dove i tisici guariscono; in quel paese del quale parla sempre il zolfanellajo.