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24 | l'ombra del passato |
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Adone andò a comprare il pane: al ritorno raggiunse lo zio Giovanni, completamente ristabilito dal suo malore, e il fratello della Tognina che era invitato a pranzo. Fratello e sorella si rassomigliavano assai: il Pirloccia però era più brutto, quasi deforme: sembrava davvero una trottola, e le sue piccole gambe sostenevano come per miracolo un grosso corpo dal petto sporgente.
Egli si faceva perdonare la sua bruttezza con l’amabilità dei modi: era allegro e chiacchierone quanto la sorella era indifferente e di poche parole.
Adone però non lo amava: sentiva per lui un’antipatia istintiva e gliela dimostrava.
Quell’ometto dal viso sbarbato e olivastro, coi suoi riccioli neri sulla fronte sporgente, coi suoi occhietti azzurri maliziosi e i denti piccoli e candidi, gli dava l’idea d’un fanciullo cattivo, di quelli che qualche volta lo molestavano.
— Come, non sei stato a messa? — gli domandò l’ometto, quando furono per mettersi a tavola.
— No, brutto! — egli rispose francamente.
E lo zio Giovanni, curvo, intento a sturare una bottiglia che stringeva fra le gambe, sollevò il volto e gridò:
— Ma aspetta, miclòn, ti voglio dare una bella lezione!
— Bè, bè, non lo farò più! — disse Adone; ma gli parve che anche lo zio guardasse con poca simpatia il Pirloccia, e ricordò che una volta lo aveva chiamato «mezzo uomo».
— Tognina, su; pronti? — gridò Giovanni.