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l'ombra del passato | 27 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|L'ombra del passato.djvu{{padleft:31|3|0]]ciulle vestite di rosa e di celeste, le donne anziane con lo scialle ricamato, i giovanotti con la cravatta verde, i vecchi contadini vestiti di fustagno. i mercanti dai grandi cappelli grigi, insomma tutti i personaggi più importanti che passeggiavano lungo i fossi o chiacchieravano davanti alla chiesa chiamavano Adone e gli rivolgevano paroline graziose. Egli camminava e spesso correva, senza voltarsi, sempre con le mani in tasca. Non aveva tempo da perdere, lui: sapeva che se si fermava le donne l’avrebbero afferrato e baciato forte, e gli uomini l’avrebbero trattenuto per insegnargli parole maliziose e per ridere con lui.
Arrivato davanti alla chiesa, invece di proseguire per la bella strada comunale, svoltò e percorse di nuovo il viottolo Dargenti.
Questo viottolo era per lui un luogo delizioso. Percorrendo le altre strade, larghe o strette, l’argine, le cavdagne[1] erbose, egli era un monello cattivuccio come tutti i monelli: lungo il viottolo Dargenti, invece, come il bandito nel folto del bosco, egli si sentiva padrone di sè; considerava sua proprietà i nidi, le erbe, le bacche, le rane del fosso verdastro che stendevasi lungo il muro del parco: ma diventava pensieroso, quasi cosciente.
Qualche volta, di sera, quei due muri egualmente tristi, corrosi, verdastri, gli davano un senso di tristezza, gl’incutevano paura. Là dietro, da una parte e dall’altra, sorgevano invisibili
- ↑ Capezzale.