< Pagina:L'ombra del passato.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

l'ombra del passato 311

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|L'ombra del passato.djvu{{padleft:315|3|0]]ad essere calmo, ed a guardare con fede nella vita. Ella mi conosce, vero? Sono un bambino; sono un vecchio. Ho tanto sofferto, sempre, ma ho accettato il dolore e l’ingiustizia come una condanna della sorte, ed ho afferrato quasi con gioia questi due anelli che mi congiungevano ad altri condannati, nella catena della vita. Ed ho sempre pensato che in questa catena di dolore sta appunto la nostra forza, di noi tutti umili, di noi tutti ancora schiavi che edifichiamo l’avvenire. Sì, io sono contento di aver sofferto, di aver conosciuto l’abbandono, l’ingiustizia, la povertà: e qualche volta ho allontanato da me la coppa del piacere, evitando di bere anche quando ero assetato, come i cavalieri delle fole, che non bevevano alle fontane incantate per non dimenticare chi erano e ciò che dovevano fare. Io voglio stare con coloro che soffrono; con tutti coloro che vendono dall’ombra del passato e vanno verso la luce dell’avvenire.

«Ma perchè io possa credere ancora a quest’avvenire, e camminare coi miei fratelli, bisogna che io creda in essi. Ella lo ha detto tante volte: la luce è dentro di noi, come il fuoco è dentro il ramo contorto e secco, come lo splendore è dentro la nuvola cupa».

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.