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libro sesto 367

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Molte città s’inabissâr nel mare.
Che, se non rompa fuor, l’impeto stesso
792De l’aria e la selvaggia ira del vento
Per li frequenti sotterranei vani
Spandesi a par di raccapriccio, e incute
795Un tremor, come quando ne le membra
Un gel profondo ci s’insinua, e scoteci
Nostro malgrado, ed a tremar ci sforza.
798Trepida allor per la città la gente
Di duplice terror: sopra a la testa
Teme de’ tetti, sotto a’ piè paventa,
801Non gli antri de la terra apra Natura
A l’improvviso, e de le sue rovine
L’ampie gole squarciate empir non voglia.
804Lascia quindi che pensi altri a sua posta,
Che la terra ed il ciel sempre incorrotti
Saran da morte eternamente illesi:
807Pur del grave periglio anche l’aspetto
Gl’insinuerà da questa parte o quella
Un pauroso stimolo furtivo,
810Che di sotto a’ suoi piedi in un sol punto
Non sia tratta la terra, e giù lo porti
Nel baratro, e dal suo fondo disciolta
813Non sia la somma de le cose, e tutto
In confusa rovina avvolto il mondo.
  [Meravigliano in pria, che la Natura
816Crescer non faccia il mar, dov’è cotanto

    24 — Rapisardi: Lucrezio.

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