< Pagina:La Sacra Bibbia (Diodati 1885).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
Il lamento di Giobbe. GIOBBE, 4. La visione di Elifaz.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|La Sacra Bibbia (Diodati 1885).djvu{{padleft:445|3|0]]

5  Tenebre, e ombra di morte rendanlo immondo; la nuvola dimori sopra esso; queste cose rendanlo spaventevole, quali sono i giorni più acerbi.

6  Caligine ingombri quella notte; non rallegrisi fra i giorni dell’anno, non sia annoverata fra i mesi.

7  Ecco, quella notte sia solitaria, non facciansi in essa canti alcuni.

8  Maledicanla coloro che maledicono i giorni, i quali son sempre apparecchiati a far nuovi lamenti.

9  Oscurinsi le stelle del suo vespro; aspetti la luce, ma non ne venga alcuna, e non vegga le palpebre dell’alba;

10  Perciocchè non serrò gli usci del ventre di mia madre, e non fece sì che gli occhi miei non vedessero l’affanno.

11  Perchè non morii io dalla matrice? perchè non trapassai come prima uscii del ventre?

12  Perchè mi furono pòrte le ginocchia? perchè le mammelle, acciocchè io poppassi?

13  Conciossiachè ora giacerei, e mi riposerei; io dormirei, e pezzo fa sarei in riposo,

14  Con i re, e con i consiglieri della terra, i quali edificavano i luoghi deserti;

15  Ovvero co’ principi, che aveano dell’oro, ed empievano le lor case d’argento;

16  Ovvero anche del tutto non sarei stato, come un abortivo nascosto, come il feto che non ha veduta la luce.

17  Quivi cessano gli empi di travagliare altrui, e quivi si riposano gli stanchi.

18  Parimente i prigioni hanno requie, e non odono più la voce del sollecitator delle opere.

19  Quivi è il piccolo e il grande; e il servo franco del suo signore.

20  Perchè dà egli la luce al miserabile, e la vita a coloro che sono in amaritudine d’animo?

21  I quali aspettano la morte, e pure ella non viene; e la ricercano più che tesori nascosti;[1]

22  E si rallegrano, fino a festeggiarne, e gioiscono, quando hanno trovato il sepolcro.

23  Perchè dà egli la luce all’uomo, la cui via è nascosta, e il quale Iddio ha assiepato d’ogn’intorno?

24  Conciossiachè, avanti che io prenda il mio cibo, il mio sospiro venga, e i miei ruggiti si versino come acqua.

25  Perchè ciò di che io avea spavento mi è avvenuto, e mi è sopraggiunto quello di che avea paura.

26  Io non ho avuta tranquillità, nè riposo, nè quiete; ed è venuto il turbamento.

Elifaz rampogna Giobbe per le sue lagnanze; raccontando una sua visione, asserisce esser la sventura castigo del peccato, e lo esorta al ravvedimento ed alla sottomissione.
4
  ED Elifaz Temanita rispose, e disse:

2  Se noi imprendiamo a parlarti, ti sarà egli molesto? ma pur chi potrebbe rattener le parole?

3  Ecco, tu correggevi molti, e rinforzavi le mani rimesse.

4  I tuoi ragionamenti ridirizzavano quelli che vacillavano, e tu raffermavi le ginocchia che piegavano.

5  Ma ora che il male ti è avvenuto, tu te ne affanni; ora ch’è giunto fino a te, tu ne sei smarrito.

6  La tua pietà non è ella stata la tua speranza, e l’integrità delle tue vie la tua aspettazione?

7  Deh! rammemorati, quale innocente perì mai, e ove furono gli uomini diritti mai distrutti?

8  Siccome io ho veduto che quelli che arano l’iniquità, e seminano la perversità, la mietono.[2]

9  Essi periscono per l’alito di Dio, e son consumati dal soffiar delle sue nari.

10  Il ruggito del leone, e il grido del fier leone son ribattuti; e i denti de’ leoncelli sono stritolati.

11  Il vecchio leone perisce per mancamento di preda, e i figli della leonessa son dissipati.

12  Or mi è stata di nascosto significata una parola, e l’orecchio mio ne ha ritenuto un poco.

13  Fra le immaginazioni delle visioni notturne, quando il più profondo sonno cade sopra gli uomini,

14  Mi è venuto uno spavento ed un tremito, che ha spaventate tutte quante le mie ossa.

15  E uno spirito è passato davanti a me, che mi ha fatto arricciare i peli della mia carne;

16  Egli si è fermato, ed io non ho riconosciuto il suo aspetto; una sembianza è stata davanti agli occhi miei, ed io ho udita una voce sommessa che diceva:

17  L’uomo sarebbe egli giustificato da Dio? l’uomo sarebbe egli giudicato puro dal suo fattore?

18  Ecco, egli non si fida ne’ suoi servitori, e scorge della temerità ne’ suoi Angeli;[3]

19  Quanto più in coloro che abitano in case di fango, il cui fondamento è nella polvere, e che son ridotti in polvere, esposti a’ vermi?

20  Dalla mattina alla sera sono stritolati,[4] e periscono in perpetuo, senza che alcuno vi ponga mente.

21  L’eccellenza ch’era in loro non si di-


  1. Apoc. 9. 6.
  2. Gal. 6. 7, 8.
  3. 2 Piet. 2. 4.
  4. Sal. 90. 5, 6.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.