Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 139 — |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|La madre (1920).djvu{{padleft:149|3|0]]con terrore la china sotto il paese illuminata dai fuochi.
La guardia non si pronunziò: ma nel suo silenzio sdegnoso scosse la catenella del cane e il cane abbaiò: urli rauchi echeggiarono nella valle e al prete, nella sua angoscia, parve che una voce misteriosa protestasse contro di lui, rimproverandogli di abusare della semplicità dei suoi parrocchiani.
— Che ho fatto di loro? — si domandò. — Ho fatto scempio di loro, come ho fatto scempio di me. Dio, salvaci tutti.
E lo assalirono propositi eroici: fermarsi, all’arrivo, in mezzo ai suoi fedeli, e confessare il suo peccato, la sua miseria; aprirsi il petto, davanti a loro, e far brillare il suo cuore miserabile ma ardente della fiamma del suo dolore più che i fuochi di sterpi sul ciglione.
Una voce però gli saliva dalla coscienza:
— È la loro fede che festeggiano: festeggiano Dio in te. Tu non hai diritto di metterti con la tua miseria fra loro e Dio.