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Ed egli aveva abusato di lei, l’aveva presa entro il suo pugno come un uccellino dal nido, stringendola fino a spremere il sangue vivo del suo corpo.

Affrettò il passo. No, non era un vile; eppure inciampò, sul primo degli scalini sotto la porta, ed ebbe l’impressione che la pietra stessa della soglia di lei lo respingesse: poi salì; salì piano piano, sollevò il battente freddo, lo lasciò ricadere timidamente.

E si sentì quasi umiliato perchè tardavano ad aprire; ma per nulla al mondo avrebbe picchiato una seconda volta.

Finalmente la lunetta a vetri sopra la porta s’illuminò, e la serva nera venne ad aprire, introducendolo subito nella stanza ch’egli ben conosceva.

Tutto era come nelle altre notti, quando Agnese lo faceva entrare furtivamente dall’orto; e l’uscio sull’orto era socchiuso e dal filo dell’apertura entrava l’odore dei cespugli bagnati di luna.

Le teste imbalsamate dei cervi e dei dàini, sulle pareti illuminate dal chiarore

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