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libro quinto. 109

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Riuscir da’ tini la vedrai, siccome
Mai non si fosse d’unto alcun macchiata.
Indi in corrente rio dentro a’ graticci
Di larghe maglie la porrai divisa;
385E sozzopra mescendola, a fior d’acqua
Vada gran tempo, nè però s’affondi.
Così vedi talor ne’ ben contesti
Vimini il pesce a lungo uso serbarsi,
Cui fe’ già prigionier rete commessa
390E non vista ne’ gorghi ampj del fiume:
Vive laggiù, chè ne’ vincigli passa
L’onda natia; ma non però da quelli
Dato gli è uscir, chè in serbo ivi l’aduna
Il pescatore alla città lontana.
395Quindi la togli, e a disseccar disponi
Dove che sia; purchè rimondo il sito
Abbia da prima, e il vago aere vi corra
Libero, e più che il Sol, l’ombra l’asciughi.
Quindi a tinger la reca entro le gravi
400Officine del guado ridolenti,
Pria che l’industre artier l’avvolga in fila
E all’ordigno versatile accomandi.
Tal lana il suo candor serbi intessuta,
E tal de’ suoi colori Iri dipinga.

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