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libro sesto. 121

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Dove non giunge altro rimedio, e il sangue
190Addolcisce appurando, e tutto assorbe
L'umor nemico, o lo si assembra e spegne.
  Infesta segue ai mansueti armenti
Peste più rea di quante in su la terra
Partorì furie degli Dei lo sdegno.
195Questa, condotta in suo poter, la speme
Frodò de’ padri un giorno; o i dolci aspetti
Disonestando, disfiorar le piacque
La pudica bellezza e le serene
De’ fanciulli sembianze; infin che tolto
200Dall’Asia popolosa e da le belle
D’Eusin contrade, a Venere dilette,
Trasse il felice innesto e lo diffuse
Nella più culta Europa una Donzella,
A cui, meglio che ad Ebe e alla fiorente
205Igia, sull’are fumano gl’incensi.
Poiché tutti una volta il doloroso
Morbo coglier ne dee, spontaneo eleggi
Del regnante velen qual più si mostri
Benigno; e macolando i nati figli,
210L’ire ne tempra e i rei dardi spunta.
E agli armenti non men (chè le giovenche
Assale e i tauri men feroce e l’agne )

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