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libro sesto. 123

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Il Lucanio pastor; che tinte in vario
Color dalle marittime conchiglie,
L’arte imitò di Tiro e di Sidóne.
240Deserta or fatta e quella piaggia, e nuda
Vi biancheggia del mar la steril rena;
Deserti sono i solchi, e de’ pastori
Vóti gli ovili e vedove le selve.
Nè certo alcun dimenticò de’ padri
245Le sacrate ossa, o ricusò devote
Vittime addur propizïanti all'are;
Nè sagrilego ferro i seggi amati
Abbattea delle Dive, o le tranquille
Fonti e i puri lavacri, immondi e brutti
250Vi fea col piè stupido gregge; e nullo
Invid’occhio, per entro a le rimote
Ombre spiando, rivelò maligno
Le ignude Ninfe. Ma poichè del Tauro
Nella spera condotto ebbe il lucente
255Carro Febo dall’alto, e in su la terra
Per diritto sentier giù volse i raggi,
Igniti strali disfrenò dall’arco
Mortalissimi, orribile, inusata
Siccitade adducendo. A lui ghirlanda
260Fean sanguigna le nebbie aride e meste

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