< Pagina:La pastorizia.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

libro primo 17

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|La pastorizia.djvu{{padleft:26|3|0]]

E tuttavia spingendo il mansueto
380Gregge, ai barbari venne: a le riposte
Dell'Iapidio Timavo e de’ Liburni
Intime sedi, ai Garamanti e agli Indi.
Mescendosi la diva infra i mortali,
Dolce spirò negli uman petti amore
385Di semplici costumi, e vi permise
Libera vita e d’ogni fraude ignara.
Ivi gli armenti scompartendo e i paschi,
Suoi ricchi studj addusse, onde al bisogno
Sovvenire e al diletto; e social nodo
390Così fra i rozzi popoli si strinse.
Tal da principio degli Dei consiglio
E discorde il voler dalla felice
Ausonia terra allontanò l’armento
Dell’agnelle innocenti; e dai Celesti
395Temendosi alcun danno, all’uom non parve
Di rivocarlo, e perseguì la diva,
Che spontanea i suoi doni altrui profferse.
Contro a l’utile Italia e contro al vero,
Persuase a sè stessa esser de’ campi
400Nocumento le greggi, o inutil cura:
Dove tanta all’aratro opra rimane
Ed a’ cultori; e dove co’ pesanti

    Arici, Pastorizia 2

    [[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|La pastorizia.djvu{{padleft:26|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.