< Pagina:La pastorizia.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

libro terzo. 57

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|La pastorizia.djvu{{padleft:66|3|0]]

E troppo il Sol di nutritivi umori
E di succo bevea dalle già pronte
335A metter frutto, e mal cede lo stelo. —
Al monte, poichè il Sol da tutte parti
Saettò l’ombre, il mandrian conduca
Le fameliche greggi, e lor non vieti
Irne sbrancale e spazïar solette,
340Secondo che più verde e che più lieto
Il pascolo le inviti. In mezzo a queste
Ei segga, e non lontan cantando intessa
Corbe e fiscelle, o con soavi e chiare
Note dalla zampogna il suon risvegli
345D’amorose canzoni. I bruti ancora
Dolce affrena un bel canto, e lega i sensi.
Immote allor le pecorelle dànnosi
A pascer liete, gli agnelletti belano
Mollemente alle madri e si accarezzano,
350E queti i cani dal latrar rimangono.
  Ma se libero va per li felici
Poggi l’armento errando a suo diletto,
Non però molto si dilunghi. Acuto
Sorge talor di spine irto veprajo
355Che di punture insanguina la pelle;
E se move il pastor lungo le spesse

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.