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libro quarto. 81

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Che al ber spesso lo adeschi, e lo ricrei
Di nuove forze; e quando egro il combatte
Un qualche morbo, o lo travaglia, quella
265Che de’ mali è il peggior, morte vicina,
Dall’agnelle il rimovi, e al generoso
Ozio del prode e al suo invecchiar perdona.
Più d’un, diss’io, non vada ad acooppiarsi
De’ tuoi Merini; perocchè feroci,
270D’umili e queti, gelosia li rende;
E a battagliar fra loro orribilmente
Amor li porta e in vane ire consuma.
Se molti sono i maschi, indarno speri
Esser pace tra quelli: allor turbata
275Sarà l’opra di amor. Fiero l’un l’altro
Guata e incalza, e i rivali abbandonando
Le contese consorti, a la battaglia
Chinano i duri capi e si van contra
Resistendo superbi; e ai disperati
280Alterni colpi tremano le selve.
Certo al furor che li trasporta, al suono
Delle percosse, al sangue atro che gronda,
Tu diresti mortale esser la pugna,
E che all’urto e agli scontri o l’uno o l’altro
285De’ concorrenti arïeti soccomba;

    Arici, Pastorizia 6

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