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— Si vede bene! — disse Mattia. — Quanti calici avete bevuto? Basta, smontate con le buone, altrimenti vi farò smontare con le cattive.

— No! No! — urlava Sarra. — Non lasciatemi, babbo mio. Farò tutto ciò che vorrete, ma ora non lasciatemi. —

Tutto fu inutile. Invano le sue grida risuonarono nel bosco: mezzo morta ella si trovò, dopo aver dato parecchi pugni, graffi e pedate, in balìa del suo rapitore.

Zio Fioreddu, che rideva e parlava insensatamente, fu lasciato nel bosco, e Sarra fu condotta all’ovile del rapitore.

Là c’era la sorella di Mattia, una brutta donna nera dalle labbra grosse, che cercò confortare la fanciulla.

— Non temere, colomba mia, — le disse, — nessuno ti torcerà un capello: domani mattina Mattia, ti ricondurrà a casa tua, ed anche la cavalla ricondurrà. E subito vi sposerete, colomba mia, non temere.

— No, non lo credere, labbra di cavallo — disse Sarra con disprezzo. — Voi siete tante bestie feroci, ma io non sposerò tuo fratello.

— Cosa vuoi, sorella cara? — disse l’altra stendendo una stuoia accanto al fuoco. — Chi vuoi che ti sposi, ora? Dopo questo fatto chi

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