< Pagina:La regina delle tenebre.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

— 157 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|La regina delle tenebre.djvu{{padleft:163|3|0]]

Dacchè aveva scoperto la cantoniera e s’era innamorato della piccola figlia di zio Gavino, egli si lavava il viso e le mani, e cercava pulirsi le vesti, ma nonostante tutti i suoi sforzi rimaneva nero come il demonio, e la sua berretta ed i suoi scarponi esalavano un odoraccio di mandria. Con tutto ciò, egli sapeva d’essere un bel ragazzo, e Nanìa lo amava come un idolo, egli ne era certo

E Nanìa non si vedeva ancora. Mille brutti pensieri cominciarono ad agitare il giovinetto, facendosi più dolorosi a misura che l’ombra della pertica si allungava sull’erba del ciglione. Con gli occhi semi-chiusi, più tristi del solito, egli fissava l’estremità dello stradale, ma nessun’anima viva attraversava l’immensità della campagna circostante.

Nel caldo meriggio primaverile, i boschi di soveri, intricati di cisti, di corbezzoli, di vepri tranquilli e silenziosi, avevano nelle foglie fresche e lucide, il riflesso del cielo chiaro e perlaceo, stendendosi a perdita d’occhio sino alle vanescenze, dell’orizzonte.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.