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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|La regina delle tenebre.djvu{{padleft:32|3|0]] che mi hai raccontato tutto non la chiamerò più. —
Rientrando a casa sua Matteo provò nuovamente un senso di gelo raccapricciante: tutte le sue angosce lo riassalirono, dividendolo dal resto del mondo. Pensò: — Manderò l’avviso al giornale, lascerò il bambino in custodia a Maria, e... tutto sarà finito. —
La domestica era già a letto: potevano esser le nove.
Matteo accese il lume del suo piccolo studio e aprì la finestra, dalla quale penetrò una chiara luce di luna.
Il bambino guardava intorno curioso; a un certo punto chiese:
— Ma tu non ne hai figli? —
Oh, no, egli non ne aveva; e trasalendo Matteo pensò che se si fosse ammogliato a tempo e avesse avuto un bimbo come Gino, le sue cose sarebbero andate diversamente.
Lo assalì una improvvisa tenerezza.
— Devo vivere finchè verranno a prenderlo, e bisogna che venga il padre, bisogna, altrimenti non lo consegno a nessuno.
— Dov’è andato tuo padre, lo sai tu, carino?
— A Roma. —
Tutte le volte che il padre s’assentava, Gino credeva e diceva così. Matteo gli prestò ingenuamente fede.