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Sudò nell’adornarlo, e ameno parco
Quivi costrusse ed elegante reggia.
Per canali venian fiumi di latte,
1150Di liquefatto mele, e del robusto
Licore allegrator, che il Monsulmano
A sè stesso negava, il cui digiuno
È solo, come raccertar poteo
Del regnante Mahmoud la sapienza,
1155Consiglio del Profeta e non comando.
Antri per tutto e comodi boschetti,
E sonore fontane, e cheti laghi,
E fere mansuete, ed amorosi
Pennuti, e femminili a quando a quando
1160Beltadi, più che rigide, proterve.
Ne’ ricchi del palagio appartamenti,
In capaci alabastri, a voluttade
Odorose e tepenti acque fomento,
E talami, e giacigli, e specchi arditi,
1165Che i misteri d’amor doppiano al guardo.
Paradiso tal loco i Saraceni
Chiamaro, e veramente paradiso
Il credeva ogn’illuso giovinetto,
Che per voler d’Hassan venía là tratto,
1170Assassino onde crescerlo. Guardava
Le strette fauci dell’arcana valle
Un ardua rôcca, bello e forte arnese
Da fronteggiar con prospera costanza
Plebeo tumulto, od agguerrito assalto.
1175Nella rôcca serbavasi l’imberbe
Adolescente frotta, e a quattro, a dieci,
A venti, traslavansi nel parco,
Poi che in ben alto sonno aveali immersi
Soporifera beva; risentiti,
1180Ed ammirati del divin soggiorno,
Pensavano che avean già traversato
L’Alzirat, ponte più d’un fil d’aragna
Non largo, che due mondi insiem collega,

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