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Che de’ Tartari son nomadi case.
O il festeggiasse la provincia gaia
1445Appo la gran muraglia, che in sollazzo
Tra suoni e canti sempre e cene e danze
Passa la vita, e, quando forestiero
Cápiti, si raddoppiano i tripudii,
E i benigni consorti alle mogliere
1450Fidanlo, e per tre giorni escono fuori;
Intanto il forestier dalla finestra
Cappello o ciarpa, come frasca ostiero,
Spone, per avvisar ch’ei tuttavolta
Indugia, e che il marito ancor non rieda.
1455O, singular non meno, il Tibet, dove
Alle donzelle ogni felice drudo
Di sua felicità dona un segnale,
E qual di loro più segnali vanta
Quella si preferisce a dolce sposa.
1460Se non che esempi, da ritrar più degni,
E più da trasportar di qua da’mari,
In Caver scôrse, oriental cittade,
Ove cinque regnavano fratelli,
Tra i quali, se talor guerra sorgea,
1465S’interponea la madre, e, se ostinati
Duravano e feroci, il sen nudato,
E brandito un coltello, ah! queste poppe,
Dicea, punir saprò, che infausto latte
Vi porsero, o germani; i figli allora,
1470Per pietà della madre, ogni rancura
Spogliavano, e fra lor riedea la pace.
So che al vero talor nel suo volume
Marita i sogni e le stupende fole,
Questo d’Italia nostra Humboldt vetusto;
1475Il fiel del gran colubro, o coccodrillo,
Se credi a Polo, del rabbioso cane
Risana i morsi, e alle nicchianti donne
Della maternità la gioia affretta;
Il grifone, quadrupede pennuto

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