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116 CANTO

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XXIII.


Tal la gente del Po, che pria fuggiva
  Dalla tempesta di Manfredi irato,
  Poichè Voluce anch’ei le soprarriva
  188E ’n lei doppia il terror freddo e gelato,
  Con disordine tal, fuggendo, arriva
  Tra il popol di Fiorenza a destra armato,
  Che seco lo trasporta, e lo sbaraglia,
  192E lo fa seco uscir della battaglia.

XXIV.


Segue Manfredi, e d’armi e di bandiere
  Resta coperto il pian dovunque passa,
  Fende Voluce or queste or quelle schiere,
  196E memorabil segno entro vi lassa.
  Pippo de’ Pazzi, e Cecco Pucci ei fere,
  Beco Stradini, e Pier di Casabassa.
  Seco è il Duara: e per foreste e boschi
  200Fuggon dispersi i Ferraresi e i Toschi.

XXV.


Ma non fuggon così già i Perugini
  Nè la cavalleria del Malatesta;
  Anzi come fu noto ai pellegrini
  204Fregi il Duara e alla pomposa vesta,
  L’arroncigliar con più di cento uncini
  Nelle braccia, ne’ fianchi e nella testa.
  Fate pian, grida Bosio: aiuto, aiuto:
  208Non stracciate; che ’l saio è di velluto;

XXVI.


Fermate i raffi,

ch’io mi do per vinto:

  Non tirate, canaglia maladetta
  Che malann’aggia il temerario instinto,
  212Perugini, ch’avete, e tanta fretta.
  Così dicendo, fu subito cinto,
  E fatto prigionier dalla cornetta
  Del capitan Paolucci; indi, legato
  216Sopra un roncino, a Crespellan menato.

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