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OTTAVO 139

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XXXIX.


Mentre s’armano questi alla vendetta
  Del famoso figliuol di Federico,
  L’un campo e l’altro sul Panaro aspetta
  316Che stanco si ritiri il suo nemico.
  Quinci e quindi si veglia; e alla vendetta
  Stanno continue guardie, all’uso antico,
  Con archi e balestroni accanto agli argini,
  320Che scopano del fiume i nudi margini.

XL.


L’architetto maggior mastro Pasquino
  Fe’ molte botti empier di maccheroni,
  Altre di biscottelli, altre di vino;
  324E ne formò ripari e bastìoni:
  Onde i soldati sempre a capo chino
  Stavano a custodir le guarnigioni;
  Finch’a trattar del fin delle contese
  328Furon per dieci dì l’armi sospese.

XLI.


Ed ecco comparir due ambasciatori;
  L’un con la veste lunga e incappucciato,
  E l’altro in sulle grazie e in sugli amori,
  332Con la spada e ’l pugnal tutto attillato.
  Il primo è del Collegio e de’ Signori,
  E ’l dottor Marescotti è nominato:
  Il secondo, di Rodi è cavaliero,14
  336Di Casa Barzellin, detto fra Piero.

XLII.


Questi venian per ritentar se v’era
  Partito alcun di racquistar la Secchia,
  Avendo udito già per cosa vera,
  340Che ’l tiranno Ezzelin l’armi apparecchia.
  Furo onorati, e si fermar la sera:
  Nè trattar più della proposta vecchia;
  Ma di cambiar la Secchia in que’ baroni,
  344Eccetto il re, ch’essi tenean prigioni.

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