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140 CANTO

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XLIII.


Il Potta che ’l disegno a’ cenni intese,
  Rispose lor ch’era miglior riguardo
  Finir tutte le liti e le contese,
  348E barattar la Secchia col Re sardo,
  E ’l Duca di Cremona e ’l Gorzanese
  Col Signor di Faenza e con Ricciardo:
  E in questo si mostrò sì risoluto,
  352Che d’ogni altro parlar fece rifiuto.

XLIV.


Gli ambasciatori a’ quali era prescritto
  Quanto dovean trattar, spediro un messo
  Ch’andò dal campo alla città diritto
  356A ragguagliarne il Reggimento stesso:
  E intanto il figlio di Rangone invitto,
  E ’l buon Manfredi, a cui fu ciò commesso,
  Condussero a veder le lor trinciere
  360Gli ambasciatori, e l’ordinate schiere.

XLV.


Menargli a spasso poi, dove alloggiate
  Renoppia le sue donne avea in disparte,
  Non quelle tutte che con lei passate
  364Erano pria, ma la più nobil parte.
  Stavano a’ lor ricami intente armate,
  Imitando Minerva in ogni parte:
  Ma lasciar gli aghi, e fer venir intanto
  368Il cieco Scarpinel con l’arpa e ’l canto.

XLVI.


Questi in diverse lingue era eloquente
  E sapeva in ciascuna all’improvviso
  Compor versi, e cantar sì dolcemente,
  372Ch’avrebbe un cor di Faraon conquiso.
  L’arpa al canto accordò subitamente;
  E poichè fu d’intorno ognuno assiso,
  Col moto della man ceffi alternando,
  376Incominciò così tenoreggiando:

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