< Pagina:La secchia rapita.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
186 CANTO

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|La secchia rapita.djvu{{padleft:199|3|0]]


LXIII.


Ma il Conte poi che fu certificato
  Dal collegio de’ medici, ch’egli era
  Fuor di periglio, alla campagna armato
  508Uscì per ritrovar la sua mogliera.
  Al campo venne, e quivi indizio dato
  Gli fu del suo caval dalla sua schiera,
  Cui sopra un giovinetto era venuto,
  512Nè l’un nè l’altro più s’era veduto.

LXIV.


Il Conte di trovarlo entra in pensiero,
  E vuol saper chi ’l giovinetto sia;
  E promette gran premio a chi primiero
  516Indizio gli ne porta o gli ne invia.
  La mattina seguente uno scudiero
  Gli dice che ’l caval veduto avia
  Nelle tende di Titta, e ’l premio chiede:
  520Ma il Conte ride, e ’l suo parlar non crede;

LXV.


E manda un uomo suo ch’a Titta dica
  Quel che gli fa saper l’accusatore.
  Giura Titta che questa è una nemica
  524Fraude per sciorre un sì leale amore:
  Ma frattanto si studia e s’affatica
  Di far tignere il pel del corridore
  Con un color di sandali alterato;
  528E, di leardo, il fa sauro bruciato.

LXVI.


Poi chiama il Conte, e fa vedergli in prova
  Tutti i cavalli suoi così al barlume.
  Il Conte che ’l candor del suo non trova,
  532E che di Titta ciò mai non presume,
  Si scusa che non gli era cosa nova
  Della sua limpidezza il chiaro lume,
  Ma tace che da lui fuggita sia
  536La Donna che trovar cerca e desia:

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.