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232 | CANTO PRIMO |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|La secchia rapita.djvu{{padleft:245|3|0]]
IV.
Salutavan le trombe il nuovo giorno,
E i delfini a scherzar correan sull’onde;
Sedeva in poppa il Capitano, e intorno
28Cinte de’ suoi degni eran le sponde;
Ei con parlar ferocemente adorno,
E con voci magnanime e faconde,
Diceva lor: Oggi, compagni, è il punto,
32Che ’l nostro Sole all’Orìente è giunto.
V.
Oscura abbiamo e neghittosa vita
Fin qui dormito; or s’incomincia l’ora,
Che fuor dalla vulgar nebbia infinita
36Usciamo al dì lucente; ecco l’Aurora.
Questa via, ch’altri mai non ha più trita,
Vi conduco a solcar del Mondo fuora,
Acciò che fuor della comune schiera
40Usciate meco a fama eterna e vera.
VI.
E s’alcuno di voi con maggior cura
D’oro e di gemme a faticar s’invoglia,
Io spero di trovar tal avventura
44Che ne potrà saziare ogni sua voglia,
Che la via che facciam, non sia sicura
Il vedermi con voi dubbio vi toglia;
Che pazzo è chi desia per cangiar sorte
48D’espor se stesso a temeraria morte.
VII.
Così parlava; e già trascorsi tanto
Erano i legni suoi nel mare immenso,
Che del lito affrican da nessun canto
52Non appariva più vestigio al senso;
Quando rivolse al glorìoso vanto
Gli occhi il superbo Re dell’aer denso,
E antiveduto il suo periglio sorse
56Dal nero seggio, e l’empie man si morse.