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236 CANTO PRIMO

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XX.


I miseri guerrier prostrati al suolo
  Stavano orando in atto umile e pio;
  Quando si scosse l’uno a l’altro Polo,
  156E tremò il mondo, e un fiero tuon n’uscio;
  Ed ecco di lontan videro a volo
  Folgorando venir l’Angel di Dio,
  E parve ai lampi e alle fiammelle sparte
  160Che giù cadesse il Sole in quella parte.

XXI.


Qual digiuno falcon, che d’alto veda
  Di storni, o d’altri augei schiera che passa,
  Piomba dal cielo e la disperge e fiede
  164Con l’artiglio e col rostro, e la fracassa;
  Cotal l’Angel di Dio dall’alta sede
  Sovra gli empi demoni i vanni abbassa;
  Gli percuote e gli caccia e gli disperge,
  168E ’l nubiloso ciel colora e terge.

XXII.


Fra i nembi che fuggian da’ suoi sembianti
  Tralucevano i rai con lunghe spere;
  Fuggiano i venti e i turbini sonanti,
  172E le procelle e l’ombre oscure e nere:
  Egli in atti sdegnosi e fulminanti
  Con la spada ferir l’inique schiere,
  E cacciarle del ciel visibilmente
  176Veduto fu dalla smarrita gente.

XXIII.


Allor levossi il Capitan gridando:
  O fortunati, ecco un guerrier celeste,
  Che combatte per noi lassù col brando,
  180E discaccia i demoni e le tempeste.
  Chi vuol segno più lieto e memorando?
  Ecco il ciel che s’allegra e si riveste
  D’azzurro, e ’l mar che placa il gonfio seno:
  184Mirate là più avanti, ecco il terreno.

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