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242 | CANTO PRIMO |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|La secchia rapita.djvu{{padleft:255|3|0]]
XLIV.
Ma il Capitan, che ’l suo periglio intese,
E vide ciò che ne potea seguire,
Di tosto provveder consiglio prese,
348E fe’ intimar che si volea partire:
Ma gli ordini e i comandi indarno spese,
E i preghi indarno e le minacce e l’ire:
Che non credeva alcun, nè gli era avviso
352Che fosse in altra parte il Paradiso.
XLV.
Blasco d’Arranda, uom già d’età matura,
Ma saettato di saetta d’oro,
Fisso di rimaner, per la paura
356Che non partisser gli altri, ei dicea loro:
E qual nuova cercar miglior ventura
Vogliam noi sciocchi, o in mar vano tesoro,
Se la stanza e ’l possesso ora lasciamo
360Dell’Isola beata ove noi siamo?
XLVI.
Noi non sogniam questa felice vita,
Nè son dipinti questi frutti e fiori.
Ma il Capitan ch’a dipartir n’invita,
364Sa ch’hanno come gli altri, e sugo e odori:
Quest’Isola sì bella e sì gradita,
Albergo delle grazie e degli amori,
Mostra che qui non giunga mai la morte,
368O che si viva almen con miglior sorte.
XLVII.
E non senza ragion l’antica etate,
Che ’l tutto seppe, in questa parte volle
La sede por dell’anime beate,
372Che ’l pregio di natura all’altre tolle:
Qui Primavera è sempre, Autunno e State
Senz’alcun Verno; e non è piano o colle
Che di frutti non sia pieno e fecondo;
376E noi vogliam cercar d’un altro Mondo?