< Pagina:La secchia rapita.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
254

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|La secchia rapita.djvu{{padleft:267|3|0]] St. LXI. Cataline sono chiamate le contadine del Modenese, perchè dicono Catalina in cambio di Caterina. Si può credere, che dalla lingua latina derivata sia questa maniera di dire, leggendosi nello Statuto MS. di Modena: Ad annum 1272. Frater Simon de sancta Catalina massarius generalis communis Mutinae, etc.

St. LXII. Varia lezione Dimenando il cotal dell’acqua Santa,

        E intonando il Teddeo con quel tenore.


CANTO SECONDO.


Stanza I. Quest’ era un’antica osteria in Modena, posta sulla strada maestra, presso alla porta di Bologna.

St. II. Quest’ era una sala, nella quale si conservava la biada per la ducale scuderia, detta perciò: la Sala della Spelda.

St. XIV. Allude al nome di uno de’ principali lettori nello studio di Bologna, ed amico di lui, mentr’ egli quivi studiava, siccome è noto da una sua lettera al canonico Annibale Sessi.

St. XXX. Ginetto, o Giannetto, specie di cavallo di Spagna velocissimo nel corso.

    Terziopelo, voce Spagnuola, che significa velluto.

St. XXXI. Chinea è un cavallo che va d’ambio, o sia portante, e Bisignano è una città della Calabria superiore, ove nascono ottimi cavalli.

    Aironi, sono quei pennacchi composti di molte fila sottilissime di vetro, che comunemente usano portare in testa su’ teatri i comici, facendo, mercè di un vago ondeggiamento, assai bella comparsa agli occhi degli spettatori. Aironi, o Aghironi vengono anche nominati alcuni uccelli, le di cui penne servono d’un distinto ornamento presso i Munsulmani, di queste forse eran composti gli Aironi di Pallade.

St. XXXVI. Negli originali a penna della Comunità, e dei Conti Sassi dopo la Stanza 37 si leggono quest’altre due;

Di celeste pittura e di gioielli
  D’oro e di perle i quadri erano ornati;
  Due sovraporte d’agata i più belli
  Fur dalla Musa mia solo notati.
  Nell’uno intorno a un campo di bacelli,
  Erano due grandi eserciti attendati,
  E in mezzo a un tal Piccin, grosso di coppa,
  Dava il fuoco alla barba a un Re di stoppa.


    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.