< Pagina:La secchia rapita.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

CANTO SECONDO 19

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|La secchia rapita.djvu{{padleft:32|3|0]]


III.


Un vecchio ranticoso affumicato,
  Pallido e vizzo, che parea l’inedia,
  E per forza tener co’ denti il fiato,
  28E potea far da Lazzaro in commedia;
  Poichè due volte intorno ebbe mirato,
  Incominciò così dalla sua sedia:
  Messeri, io son Marcel di Bolognino,
  32Dottor di legge e conte palatino.

IV.


Il mio collega è conte e cavaliero,
  E Ridolfo Campeggi è nominato.
  Io son uomo di pace, egli è guerriero;
  36Io lettor dello studio, egli soldato.
  Or l’uno e l’altro ha qui per messaggiero
  Il nostro reggimento a voi mandato,
  Per iscusarsi del passato eccesso
  40Che ’l popol nostro ha contra voi commesso.

V.


Il popol nostro è un popol del demonio,
  Che non si può frenar con alcun freno;
  E s’io non dico il ver, che san Petronio
  44Mi faccia oggi venir la vita meno.
  Sarà il collega mio buon testimonio,
  Che quando l’altra notte ei passò il Reno,
  Fu mera invenzíon d’un seduttore,
  48Nè il reggimento n’ebbe alcun sentore.

VI.


Ma non si può disfar quel ch’è già fatto.
  D’ogni vostro disturbo assai ne spiace;
  E siam venuti qua per far riscatto
  52De’ morti nostri, e ad offerirvi pace:
  Ma vogliam quella Secchia ad ogni patto,
  Che ci rubò la vostra gente audace;
  Perchè altramente andria ogni cosa in zero,
  56E ci scorrucceremmo daddovero.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.