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22 CANTO

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XV.


E vengovi a propor cosa inudita,
  Che vi farà inarcar forse le ciglia.
  Giace una terra antica, e favorita
  124Delle grazie del cielo a maraviglia,
  Col territorio vostro appunto unita,
  E lontana di qua tredici miglia.
  Già vi fu morto Pansa; e dal dolore,
  128Nominata da’ suoi fu Grevalcore.

XVI.


Ancor dopo tant’anni e tanti lustri
  Il suo nome primier conserva e tiene.
  Furon già stagni, e valli ime e palustri;
  132Or son campagne arate e piagge amene:
  Non han però gli agricoltori industri
  Tutte asciugate ancor le natie vene;
  Ma vi son fondi di perpetui umori,
  136Che sogliono abitar pesci canori.

XVII.


Le Sirene de’ fossi, allettatrici
  Del sonno, di color vari fregiate,
  E del prato e dell’onda abitatrici,
  140Fanvi col canto lor perpetua state.
  I regni dell’aurora almi e felici
  Paiono questi, ove son genti nate,
  Che ne’ costumi e ne’ sembianti loro
  144Rappresentano ancor l’età dell’oro.

XVIII.


Or così degna terra e principale
  Vi manda ad offerir la patria mia,
  Se quella Secchia che toglieste a un tale
  148De’ nostri col malan che Dio gli dia,
  Quando i vostri l’altrier fer tanto male
  E sforzaron la porta che s’apría,
  Sarà da voi al pozzo rimandata
  152Pubblicamente, donde fu levata.

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