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30 CANTO

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XLVII.


Sazierà doppia strage il mio furore;
  Di corpi morti inalzerò montagne;
  Farò laghi di sangue e di sudore,
  376E tutte inonderò quelle campagne.
  Cavalier, disse Palla, il tuo valore
  San cantar fin le trippe e le lasagne;
  Sicchè indarno ti studi e t’argomenti
  380Di farlo or noto alle celesti menti.

XLVIII.


Ma s’hai desio di qualche degna impresa,
  Facciam così: va’ tu coi Gemignani;
  Ch’io sarò de’ Petroni alla difesa,
  384E ti verrò a incontrar là su que’ piani.
  Bologna sempre fu a’ miei studi intesa;
  Onde tenermi a cintola le mani
  Or non debbo per lei. Tu meco scendi,
  388Se palma di valor, se gloria attendi.

XLIX.


A quel parlar si levò Febo, e disse:
  Vergine bella, i’ verrò teco anch’io
  In favor di Bologna ove ognor visse
  392L’antico studio delle Muse e mio.
  Bacco che in Citerea le luci fisse
  Sempre tenute avea con gran desio:
  Così dunque, rispose in volto irato,
  396Fia il popol mio da tutti abbandonato?

L.


La città ch’ognor vive in feste e canti
  Fra maschere e tornei per onorarmi,
  Ch’ha sì dolce liquor, vedrà fra tanti
  400Travagli suoi qui neghittoso starmi?
  Bella Madre d’Amor, che co’ sembianti
  Puoi far vinta cader la forza e l’armi,
  Tu meco scendi; ch’io farò a costoro
  404Di stoppa rimaner la barba d’oro.

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