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46 CANTO

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XLIII.


Zaccaría che si vide abbandonato
  Dal genero, partì subito i fanti;
  E quattrocento al cavalier Brusato,
  340E a Guido Coccapan dienne altrettanti.
  Il cavalier un elefante alato
  Ha nell’insegna; e Guido ha due giganti
  Che giocano alle noci: il vecchio ha un gatto
  344Ch’insidia un topo, e stassi quatto quatto.

XLIV.


Quelli poi di Formigine e Fiorano,
  Dove nascono fichi in copia grande,
  Sono trecento; e Uberto Petrezzano
  348Gli guida, e nell’insegna un orco spande.
  Baiamonte con lui di Livizzano
  Quasi a un tempo arrivò colle sue bande.
  Ducento fur con partigiane in spalla;
  352E la bandiera avean turchina e gialla.

XLV.


Appresso, d’Uguccion di Castelvetro
  L’insegna apparve, ch’era un cardo bianco.
  Trecento balestrier le tenean dietro,
  356Ch’avean bolzoni e mazzafrusti al fianco.
  Da Gorzan, Maranello e da Ceretro,
  De’ famosi Grisolfi il buon Lanfranco
  Tratti avea cinquecento in una schiera,
  360E portava un frullon nella bandiera;

XLVI.


Onde la Crusca10 poi gli mosse lite
  Che fu rimessa al tribunal romano.
  Coll’impresa d’un pero e d’una vite
  S364tefano e Ghin de’ Conti di Fogliano
  Avean coll’armi foglianese unite
  Quelle di Montezibio e di Varano,
  Ch’eran ducento ottanta martorelli,
  368Unti e bisunti, che parean porcelli.

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